Clarisse Grosseto
Fondazione Grosseto Cultura
Lista

#213 • Autoritratto dell'unicorno

Autore

Sergio Vacchi

Data

1995

Tecnica

Smalti e olio su carta

Dimensioni

49x49 cm

Oggetto

Dipinto

Collocazione

CLARISSE

Descrizione dell'opera e iscrizioni

Invitato a partecipare alla mostra Celebrazioni (Celtracon, Grosseto 1995-1996), Sergio Vacchi risponde con una felice intuizione alla sollecitazione dal tema “il sogno del cavallo” e si rappresenta come unicorno, figura mitica e simbolo di saggezza. Già negli anni settanta aveva raffigurato unicorni (Mitologia del cavallo) e incarnato sé stesso nelle forme di un cavallo dalla lunga criniera bionda (Il cavallo Sergio), ma nell'Autoritratto dell'unicorno la metamorfosi si compie maturando una nuova suggestione, quella di associare il suo volto a quello di Leonardo da Vinci. Nel 1993 l'artista aveva iniziato un nuovo ciclo pittorico, intitolato Leonardo Codice Verso, in cui campeggiava la figura del genio rinascimentale dai lunghi capelli. Assumere le fattezze di Leonardo o di un essere mitologico come l'unicorno significa quindi collocarsi in un'età dell'oro – evocata dalla sorprendente luminosità e leggerezza di questa tavola dai toni dorati e cerulei – che trascende la contemporaneità in modo equilibrato e sereno. Se, come ritiene Vacchi, i ritratti sono “scatole nere” come quelle degli aerei, che attendono di essere decifrate, questo dipinto rivela un artista diverso da quello che, negli anni ottanta, si rappresentava in autoritratti tenebrosi e matericamente decomposti, anche se testimoni di un “tentativo attraverso Rembrandt di andare oltre la violenza anatomica dei ritratti di Francis Bacon” (Dario Micacchi). Il “terrore” che Sciascia notava aleggiare nei suoi dipinti, quel fasto secentesco, allucinato e simbolista, si brucia negli ori, argenti e smalti della nuova produzione, che introduce anche nuovi elementi iconografici: dalla maschera – oggetto di simulazione che Vacchi amava usare in chiave ermeneutica, mostrando sé stesso come novello demiurgo portatore di profezie – si passa al corno, simbolo che non svela, ma è. Il mito non emerge più da un contesto di violenta e sempre rivendicata contrapposizione alla modernità, ma si celebra in una dimensione in cui l'egotismo di Vacchi, attraverso una “gioia torbida e sonora” già precocemente riconosciuta da Arcangeli, si ricompone negli anni novanta in un fulgore privo di ombre. Dalla metà degli anni ottanta, in effetti, Vacchi ha vissuto un isolamento dal mondo culturale esterno che, portandolo a un ripiegamento su sé stesso, ha stimolato l'ossessione, o la semplice vanità, di inserire la propria immagine nei contesti più svariati. Ad esempio, un autoritratto – sospeso su un tempietto, come una reliquia o una icona – è inserito anche nell'altra importante opera di Vacchi che il Comune di Grosseto conserva nel Teatro degli Industri: Fatalità dello specchio (1985).

Biografia dell'artista e bibliografia

Sergio Vacchi (Bologna 1925 - Siena 2016) è considerato uno dei maestri storici dell’Informale, ma nel suo repertorio espressivo si addensa un’infinita varietà di linguaggi e soggetti. La sua ricerca, inizialmente vicina agli esiti del postcubismo, si poi è legata all’esperienza gestuale: nel 1951 una sua personale alla Galleria del Milione di Milano venne presentata da Francesco Arcangeli. Più tardi, dopo il trasferimento a Roma (1960), la sua pittura ha espresso un desiderio di figurazione più marcato, assumendo – in antagonismo alle avanguardie che pur frequentava – esiti visionari con espliciti tratti surreali ed espressionistici. Anticipando le contestazioni del Sessantotto, quelli furono gli anni in cui Vacchi inaugurò una critica spietata al potere, dipingendo grandi cicli polemici contro lo Stato, la Chiesa e la Scienza. Nel 1964 la sua sala personale alla Biennale di Venezia (dove aveva esposto anche nel 1956 e nel 1958) fu vietata al clero dal cardinale Urbani per il carattere ritenuto sacrilego del ciclo di dipinti dedicato al Concilio. La sua lunga carriera espositiva, segnata tra l’altro da molti premi, è ora documentata anche da una fondazione a lui dedicata (Castello di Grotti, Siena, dal 1993).

Proprietà

Comune di Grosseto

Stato di Conservazione

Buono