Clarisse Grosseto
Fondazione Grosseto Cultura
Lista

#173 • La giostra dell'ippotoro

Autore

Vasco Bendini

Data

1995

Tecnica

acrilico su tela

Dimensioni

200x190

Oggetto

dipinto

Collocazione

Clarisse

Descrizione dell'opera e iscrizioni

La grande tela, campita in modo discontinuo e lacunoso, con ampie pennellate di smalto nero al centro, denuncia un singolare ritorno alle origini dell'arte di Bendini: nel 1953, mentre a Grosseto si disputava tra pittura di macchia e neorealismo, Bendini esponeva in una galleria fiorentina grandi carte con strisciate lunghe del nero su “pareti bagnate di poco, rapsodico colore”, in cui Arcangeli riconosceva “una strana accentuazione dello spirituale” condotta in “singolare, solitaria e quasi candida primogenitura”. Non era pittura astratta ma impronta larvale, fantasma di cose che ricorre anche nella Giostra dell'ippotoro, dove la povertà materica e il centro privo di colore – che rivela la tela nuda – rinnova un altro tipo di esperienza, quella delle opere più belle di Bendini, le tempere magre degli anni sessanta, che erano mute, spoglie sindoni, anch'esse “bagnate di rado e magro colore, tolto quasi dalla tela, anziché aggiunto”; una povertà francescana che si contrapponeva alla matericità e al sobbollire denso e gridato degli impasti di colore di un informale giunto allora alla sua acme in Italia. Attraverso questo rarefatto controllo di emozione e tecnica Bendini introduce negli anni della postmodernità – ad esempio con il ciclo Tempo come creazione (1989), dove ricorrono i motivi del quadrato e degli elementi neri a W – nuove suggestioni mitiche e misteriche: chi è l'Ippotoro? L'evocazione moderna e onirica di Ippotoo, personaggio mitologico, figlio di Poseidone e della principessa Alope, abbandonato e allattato da una giumenta e infine salvato da Teseo, l'eroe che uccise il minotauro? Oppure le apparizioni di cavalli, tori e giostre, rivelate dal titolo, sono più generiche e ispirate da impulsi dell'animo ove si annidano ricordi d'infanzia, memorie di eroi e sogni di metamorfosi? Gli schizzi preparatori che accompagnano l'opera, intitolati Ippogrifo, unicorno e bipede, inducono a valorizzare la seconda ipotesi, ma un'inconscia identificazione dell'autore con l'esperienza di emarginazione di Ippotoro non è da escludere a priori, soprattutto in ragione delle parole che Bendini si dedicava: “Ho pagato un prezzo, alto, al mio isolamento, al mio esser fuori da ogni gruppo, fuori da ogni solidarietà”.

Biografia dell'artista e bibliografia

Vasco Bendini (Bologna 1922 - 2015) è stato uno dei più grandi pittori della seconda metà del Novecento. Le personali degli anni Cinquanta, accompagnate dalla lettura di Francesco Arcangeli, testimoniano l’originalità della sua ricerca informale, che è sfociata alla fine degli anni Sessanta in progressive convergenze con il movimento neodadaista e con singolari anticipazioni nel campo dell’arte povera. Nella prima parte degli anni Settanta ha approfondito e concluso il discorso oggettuale (presentato nella sala personale alla Biennale di Venezia del 1972, a cui ha partecipato anche nel 1956 e nel 1964), per poi tornare ad esercitarsi nel settore più propriamente pittorico. Negli anni Ottanta l’esercizio del colore ha inaugurato un esercizio cromatico di largo respiro che ha indagato miti cosmogonici. Tale afflato lirico non si è spento negli anni Novanta, nei quali sono da registrare la sua presenza alla XII quadriennale romana (1992) e il Premio Lissone alla Carriera, occasione che gli è valsa anche la mostra al MAC. L'ultima consacrazione pubblica, al MACRO di Roma, è del 2013: la mostra Vasco Bendini 1966-67, curata da Gabriele Simoncini. Di lui si sono occupati anche Giulio Carlo Argan, Renato Barilli e Maurizio Calvesi.

Proprietà

Comune di Grosseto

Stato di Conservazione

buona