Exhibition
A cura di Mauro Papa
Fotografie di Carlo Bonazza e dell'Archivio Fratelli Gori, testi di Luciano Bianciardi e Carlo Cassola.
Polo culturale Le Clarisse
Tickets
Free
For everyone
Opening hours
Thursday: 10 - 1316 - 19
Friday: 10 - 1316 - 19
Saturday: 10 - 1316 - 19
Sunday: 10 - 1316 - 19
Description
In occasione del centenario della nascita di Luciano Bianciardi, il Polo culturale Le Clarisse e la Fondazione Luciano Bianciardi dedicano allo scrittore grossetano una mostra fotografica in due sezioni: Le ultime miniere della Maremma e del Monte Amiata (1990-1991) di Carlo Bonazza e Cave e miniere (1948-1953) dell'Archivio Fotografico Fratelli Gori.
Il percorso della mostra presenta quindi due momenti fondamentali nella storia della pratica estrattiva in Maremma: la decadenza produttiva ed economica del secondo dopoguerra – resa emblematica dalla tragedia dello scoppio della miniera di Ribolla nel 1954 – e la definitiva chiusura delle attività minerarie che, trent'anni fa, Carlo Bonazza ha documentato con un “vagabondaggio in luoghi poco accessibili e ormai conosciuti a pochi, alla ricerca di quanto rimaneva di fabbricati, pozzi, castelli, forni, impianti di trasporto e raccolta, spianate e tagli nella roccia, laghi artificiali ormai solidificati”.
La Maremma mineraria degli anni novanta, prima dell'istituzione dei parchi minerari, era un luogo in rovina e abbandonato da quella presenza umana che negli anni cinquanta – attraverso la rappresentazione della fatica e del lavoro – veniva invece celebrata come protagonista della scena.
E proprio alcuni testi del 1956, liberamente tratti dal saggio d'inchiesta sociale I minatori della Maremma scritto da Luciano Bianciardi e Carlo Cassola, accompagnano le fotografie in mostra. Un viaggio artistico ed emozionale, quello evocato dalle fotografie in bianco e nero, che si confronta con il linguaggio asciutto e documentario dei due scrittori.
Oggi, le miniere descritte da Bianciardi e Cassola, che ospitavano e sfamavano contadini diventati operai e immigrati in cerca di lavoro, non esistono più. E i ruderi pittoreschi degli anni novanta, in molti casi, sono stati trasformati in attrattori per un consumo turistico la cui pervasività, già negli anni sessanta, era stata precocemente compresa e preconizzata proprio dall'autore della Vita agra.