Clarisse Grosseto
Fondazione Grosseto Cultura
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Bonazza Carlo

City of residence

Grosseto

Type

Fotografia

First compilation date and author

21/08/2025

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Vari Libri

Additional Info

Carlo Bonazza (Grosseto, 1952) Intervista a cura di Roberta Lepri (2019) Quando hai iniziato a fare fotografie e quando hai pensato di trasformare questa passione in attività lavorativa? In terza liceo scientifico l’insegnante di disegno organizzò un corso di fotografia. Iniziai a frequentare l’agenzia fotografica B.F. e loro lavoravano per i quotidiani locali, sia per la cronaca nera che per il costume. Lì sono riuscito ad apprendere i primi rudimenti. Poi mi sono rotto una gamba sciando, e fu un incidente piuttosto serio, tanto che per un anno non ho potuto camminare né uscire con i miei amici. Così mi sono dedicato allo studio della fotografia. Due anni dopo – era il 1971 – mi trovavo a Monza per seguire la F1 di cui sono un grande appassionato. Ero in prima fila durante una sessione di prova e ho assistito all’incidente mortale per l’allora campione del mondo Jochen Rindt. Stavo cambiando l’obiettivo quando la sua auto è andata in pezzi. Ho rimontato al volo e scattato, scattato. Senza nemmeno sapere esattamente che cosa stessi riprendendo. Era una situazione surreale. I responsabili si limitarono a togliere i rottami, annunciando soltanto che c’era una vettura ferma. Quando tornai a casa e sviluppai il rotolino, mi accorsi che la dinamica riportata sui giornali non coincideva con i miei scatti. L’auto in pratica aveva agganciato con la ruota il guard rail ma nessuno se ne era accorto. Decisi di inviare le foto ad AUTOSPRINT che le pubblicò a tutta pagina, inviandomi un bel rimborso spese. Lo presi come una specie di segno. Mi iscrissi al foto club locale e vinsi alcuni concorsi. Cominciarono da subito a chiamarmi per immortalare avvenimenti o ricorrenze. Hai continuato allo stesso tempo a studiare? Sì, anche se mi era ben chiaro che volevo vivere di fotografia. Dopo il liceo ho viaggiato molto e ho anche proseguito gli studi, fino a un certo punto. Un anno di ingegneria al S.Anna a Pisa per poi passare ad architettura, dove mi attendevano ventinove esami. Al ventiduesimo ho mollato tutto. In quali paesi hai viaggiato? In tutta Europa, e poi in Iran – che allora si chiamava Persia – in Afganistan, Turchia, paesi Slavi. Dalla Persia spedii per corriere 36 rullini insieme a pentole e tappeti. Il viaggio era lungo e non volevo portare peso inutile. Non sono mai arrivati. Ancora mi mordo le mani. E poi ti sei fermato a Grosseto … Negli anni 70/80 ero il più giovane dei vecchi fotografi. Quando la fotografia è diventata fenomeno di massa ed espressione personale, io ero già formato. Tra le tue fotografie, qual è quella che ti riempie il cuore di gioia ogni volta che la vedi? In realtà non è una sola, ma un intero progetto. Un libro fotografico del 1989 “Viaggio in Maremma”. È il risultato di dieci anni di lavoro. Venne stampato a Firenze da un grande stampatore che lavorava anche per gli Uffizi. Costava sessantamila lire, una piccola follia per quei tempi. Esaurii la prima tiratura di quattromila copie e andai in ristampa dopo sei mesi. A Firenze la libreria Messaggerie lo mise in vetrina per Natale accanto a quello di un famosissimo fotografo statunitense. Ancora mi emoziona.

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